L’epilessia è una sindrome che si manifesta quando un gatto presenta crisi ricorrenti, chiamate anche convulsioni o attacchi, che possono verificarsi a distanza di giorni, ore o persino mesi. Questa condizione può colpire i piccoli animali, come gatti e cani, nello stesso modo in cui può colpire gli esseri umani.
Cosa sono le crisi convulsive?
Le crisi convulsive derivano da un’eccessiva attività elettrica nel cervello, con impulsi nervosi che si attivano in modo casuale. Questo provoca perdita di coscienza, contrazioni incontrollate e scoordinate di alcuni o della maggior parte dei muscoli del corpo, accompagnate da sintomi come salivazione, sbavamento, minzione e defecazione.
Dopo l’attacco, durante la fase post-ictale, il gatto può mostrare disorientamento, cambiamenti nel comportamento, difficoltà a mantenere l’equilibrio e un recupero graduale delle normali funzioni. Le crisi possono essere generalizzate (grande male) oppure parziali (focali).
Per approfondire cosa siano esattamente le crisi epilettiche e come si manifestino nei gatti, i proprietari possono consultare l’articolo separato dedicato a “Convulsioni nei gatti” e visionare il breve video esplicativo.
Questo testo, invece, si concentra sull’epilessia come condizione clinica caratterizzata da crisi ricorrenti, descrivendone i diversi tipi che possono comparire nei gatti e illustrando l’approccio veterinario all’epilessia felina, compresa la diagnosi delle cause, la gestione e la terapia.
Tipi di epilessia nei gatti
L’epilessia felina si distingue in due forme principali, a seconda della causa delle crisi:
- Epilessia primaria (idiopatica, o di origine sconosciuta).
In questo tipo di epilessia non esiste una causa fisica identificabile. Anche con indagini avanzate, come la diagnostica per immagini del cervello, non vengono riscontrate anomalie. Perfino all’autopsia, dopo la morte dell’animale, non si rilevano cambiamenti strutturali cerebrali. La causa può avere una componente genetica, ereditata dai genitori, ma spesso non è possibile definirla chiaramente. L’epilessia primaria si manifesta senza ragioni comprensibili ed è relativamente frequente: si osserva nel 30-60% dei gatti con crisi e in circa il 26% dei soggetti che sviluppano episodi convulsivi prima dell’anno di età. - Epilessia secondaria (acquisita).
In questa forma, è possibile individuare una causa fisica sottostante attraverso anamnesi, esami del sangue o indagini per immagini. Le crisi possono derivare da anomalie metaboliche extracraniche (non localizzate all’interno del cranio), rilevabili con esami del sangue — ad esempio malattie epatiche, insufficienza renale o disturbi ormonali come l’ipertiroidismo. Altre cause sono intracraniche, e comprendono malattie cerebrali diagnosticabili tramite imaging, come traumi, tumori (es. meningiomi), patologie vascolari, infezioni o disordini immunomediati. L’epilessia secondaria rappresenta circa il 50% (40-70%) dei casi di epilessia felina. Alcune cause sono più legate all’età: meningiomi e ipertiroidismo, ad esempio, si riscontrano con maggiore frequenza nei gatti anziani.
Diagnosi del tipo di epilessia
A volte la storia clinica immediata di un gatto può suggerire la causa delle crisi (per esempio, un animale proveniente da una linea genetica con episodi di epilessia), ma nella maggior parte dei casi è necessaria un’indagine approfondita per arrivare a una diagnosi.
- Il percorso diagnostico inizia con un’accurata raccolta della storia clinica (quando sono comparse le convulsioni, frequenza, durata, ecc.) e con una valutazione attenta dei segni clinici: l’esame fisico rimane il punto centrale di una buona pratica veterinaria.
- Le indagini possono poi diventare complesse e comprendere esami del sangue (per misurare enzimi metabolici e sostanze come gli acidi biliari, utili a valutare la funzionalità epatica, oppure i livelli degli ormoni tiroidei), analisi delle urine, misurazione della pressione arteriosa, elettroencefalogramma (EEG), prelievo e analisi del liquido cerebrospinale, ecografie, radiografie e metodiche avanzate come tomografia computerizzata (TC) e risonanza magnetica (RMI), impiegate per identificare tumori cerebrali o segni di trauma cranico.
- Altri test diagnostici utili nei gatti includono esami del sangue per la leucemia felina (FeLV), il virus dell’immunodeficienza felina (FIV) e test sierologici per malattie sottostanti come la peritonite infettiva felina (FIP), la criptococcosi e la toxoplasmosi.
Nei gatti con epilessia primaria, i test non mostrano alcuna anomalia: per questo motivo questa forma è definita “diagnosi di esclusione”.
Nei gatti con epilessia secondaria, invece, è spesso possibile individuare una causa precisa grazie a una serie di esami e indagini.
Raggiungere una diagnosi accurata del tipo di epilessia è fondamentale per stabilire il trattamento più appropriato.
Trattamento dell’epilessia

In base alla storia del tuo gatto, alle analisi del sangue e ad altri tipi di analisi e test, il veterinario può identificare il tipo di epilessia di cui soffre il tuo gatto.
La maggior parte delle crisi epilettiche nei gatti dura solo pochi secondi o minuti e non richiede un intervento immediato, se non quello di proteggere l’animale da possibili traumi fisici (per maggiori dettagli vedi l’articolo dedicato alle crisi feline).
In rari casi, una crisi generalizzata può prolungarsi oltre alcuni minuti: questa condizione è nota come stato epilettico e rappresenta un’emergenza. In tali situazioni, il gatto deve essere portato immediatamente dal veterinario per ricevere cure urgenti.
Il trattamento d’emergenza prevede la somministrazione di farmaci per via endovenosa, come anestetici o diazepam, con l’aggiunta di altri medicinali se necessario. È essenziale interrompere le crisi che non si risolvono spontaneamente entro pochi minuti, poiché la loro persistenza può causare danni cerebrali permanenti.
A lungo termine, la gestione delle crisi epilettiche nei gatti ha l’obiettivo di ridurne la frequenza o, quando possibile, prevenirne del tutto la comparsa. L’approccio terapeutico varia in base al tipo di epilessia diagnosticata.
Epilessia primaria
Quando non si riesce a individuare una causa precisa dell’epilessia, al gatto viene diagnosticata un’“epilessia idiopatica” e può rendersi necessario l’uso di un farmaco anticonvulsivante generico per controllare le crisi. Questo tipo di terapia non viene avviato dopo un singolo episodio, ma solo se le crisi diventano frequenti (ad esempio più di una ogni sei settimane) o se si presentano a grappolo (come quattro episodi in pochi giorni).
Esistono diversi farmaci anticonvulsivanti a disposizione. Sarà il veterinario a consigliare la scelta più adatta al singolo gatto. I controlli periodici sono fondamentali, poiché l’attività convulsiva deve essere seguita con attenzione e gli anticonvulsivanti possono causare effetti collaterali, rendendo talvolta necessarie modifiche alla terapia.
Il farmaco anticonvulsivante di prima scelta più utilizzato nei gatti è il fenobarbital, anche se in alcuni casi il veterinario può consigliare alternative come zonisamide, levetiracetam o clonazepam. Come tutti i farmaci, anche questi possono avere effetti collaterali: il fenobarbital, ad esempio, può provocare polidipsia (aumento della sete), poliuria (aumento della minzione), polifagia (aumento dell’appetito), sedazione e atassia (difficoltà di coordinazione nei movimenti).
In passato venivano prescritti altri farmaci, tra cui bromuro di potassio, primidone e fenitoina. Tuttavia, per motivi legati sia alla disponibilità limitata sia ai potenziali effetti collaterali, oggi il loro impiego è molto meno comune.
Epilessia secondaria
Oltre all’uso degli stessi anticonvulsivanti impiegati nei gatti con epilessia primaria, nei casi di epilessia secondaria può essere necessario un trattamento mirato in base alla causa sottostante. Questo può includere una terapia specifica per una patologia metabolica, come disturbi del fegato o dei reni, oppure un intervento mirato a risolvere la causa primaria, ad esempio un’operazione chirurgica per la rimozione di un tumore cerebrale.
Monitoraggio di un gatto con epilessia

È fondamentale tenere un diario delle crisi, annotando ogni volta che il tuo gatto ha una crisi. Registra i dettagli su ora, durata, eventi recenti e altri dettagli della crisi.
Per i gatti epilettici è fondamentale che il proprietario tenga un diario delle crisi, annotando l’orario di insorgenza, la descrizione e la durata di ciascun episodio. È utile registrare anche eventuali cambiamenti recenti nei farmaci, nella dieta, nello stile di vita o altri eventi rilevanti. Oggi le app per smartphone rendono più semplice questo tipo di monitoraggio, i cui risultati andrebbero condivisi con il veterinario ogni 3-12 mesi, in base alla frequenza delle crisi.
Se il gatto assume anticonvulsivanti a lungo termine, il veterinario può raccomandare controlli ematici periodici per assicurarsi che i livelli del farmaco restino nella fascia terapeutica e per monitorare possibili effetti collaterali sugli organi. La necessità e la frequenza di tali analisi dipendono dal tipo di medicinale utilizzato.
L’epilessia felina può essere curata?
Se la causa primaria dell’epilessia secondaria viene eliminata, ad esempio una malattia di base, un’intossicazione o un tumore cerebrale, le crisi possono essere risolte in modo definitivo.
Nei gatti con epilessia primaria, invece, le crisi possono essere gestite con una terapia anticonvulsivante per tutta la vita. Tuttavia, la risposta ai farmaci e la prognosi a lungo termine possono variare notevolmente da un individuo all’altro.